L’annuncio da parte del presidente della Giunta regionale, Vito Bardi, sulla realizzazione di cinque “Ospedali di comunità” – tra questi quello di Venosa – e diciassette “Case di comunità” mi lascia perplesso e mi induce a riflettere per due motivi.
Il primo: la mancata condivisione delle scelte del presidente Bardi, che, tra l’altro, in una nuova modalità di comunicazione, annuncia alcuni interventi legati al Pnrr con la messa in sicurezza degli ospedali lucani. A due anni dallo scoppio della pandemia, sin da primi tragici giorni della diffusione del virus, ho chiesto che venissero fatti tutti gli sforzi possibili per fare in modo che l’ospedale San Francesco di Venosa mantenesse la sua centralità strategica (in termini di servizi e di presenza su un territorio penalizzato, prima di tutto, da un deprimente deficit infrastrutturale), andando oltre rispetto alla realtà già esistente. Vale a dire con un rafforzamento di tutte le attività sanitarie e ambulatoriali, prevedendone nuove. I presidii sanitari intesi come carrozzoni non interessano ai cittadini, soprattutto se si pensa che la sanità lucana deve aprire una fase davvero nuova, dopo gli scandali che ne hanno offuscato l’immagine e l’impegno di tanti professionisti seri. Se non si va oltre certe visioni distorte, rischiamo di trasformare l'Ospedale di comunità, che dovrebbe essere la leva per la produttività degli Ospedali già esistenti, inquadrando bene la mission, in “parcheggi della salute”. Voglio ricordare che il Consiglio regionale circa un anno fa ha votato all’unanimità una mozione proprio per preservare e rafforzare ogni servizio offerto dal San Francesco di Venosa. La comunicazione urbi et orbi del presidente Bardi è priva di un passaggio, a mio parere, fondamentale. Cosa si vuole fare dell’ospedale di Venosa? Il governatore intende prendere delle decisioni in controtendenza, sconfessando pure sé stesso, rispetto a quanto deciso nella massima assise regionale e rispetto a quanto richiesto dai cittadini del Vulture? Abbiamo già assistito alle promesse da marinaio prese dal suo precedente assessore regionale alla Salute.
Il secondo motivo di perplessità e riflessione riguarda la mancata condivisione di certe scelte annunciate in pompa magna, senza il benché minimo coinvolgimento dei rappresentanti politici ed istituzionali dei territori interessati. L’ospedale di Venosa da sempre ha una sua peculiarità, si è ritagliato nei decenni uno spazio autorevole nell’assistenza sanitaria e stiamo assistendo ancora una volta ad una mortificazione delle legittime richieste delle popolazioni del Vulture-Melfese Alto Bradano. L’oculistica ed il centro Alzheimer vanno potenziati davvero, per esempio. La visione, secondo la quale certi presidii sanitari fungano da “parcheggi per la salute”, senza peculiarità e punte di eccellenza, mi inquieta non poco. Così come mi inquieta l’approccio che in Regione si continua ad avere rispetto a determinate esigenze e determinate realtà. L’efficacia dei bisogni di cura, per parafrasare il governatore Bardi, è davvero garantita senza una costruttiva condivisione dei fabbisogni locali? Senza tenere conto dell’esistente? A quanto pare no. E non basta un podcast per migliorare la Basilicata.
Gianni Leggieri
Consigliere regionale del MoVimento Cinque Stelle
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