Al governo Meloni il Sud non interessa
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Al governo Meloni il Sud non interessa

Ormai non è più un segreto e possiamo dircelo chiaramente: a Giorgia Meloni del Sud non importa nulla. Forse non l’è mai interessato veramente, nonostante i proclami in campagna elettorale e le promesse fatte e mai mantenute.

 

Di elementi per credere questo ce ne sono parecchi. Dal PNRR agli ultimi tagli alla spesa di circa 20 miliardi. Ma andiamo per ordine.

 

Partiamo dal 22 ottobre 2022. Il governo giura ma la delega per il Meridione è ancora un macigno di cui Meloni non riesce a liberarsi. Viene assegnata in fretta e in furia a Musumeci, salvo poi, venti giorni dopo, affidarla a Raffaele Fitto, il quale aveva già le deleghe agli Affari Europei, al PNRR e alle politiche di coesione.

 

Tutti dossier pesanti, che avrebbero richiesto la massima attenzione, uno studio approfondito. Ci si chiedeva - e ci si chiede tuttora - come un solo ministero e una sola persona, seppur affiancata da tanti collaboratori, avrebbe potuto gestire tutti questi “tavoli”. Non ci è voluto molto per capirlo: in un anno di governo, Fitto non ha prodotto nulla di utile per il Meridione e per il Paese interno.

 

Ed inevitabilmente il Meridione è stato abbandonato a sè stesso. Dopo l’affidamento della delega, il primo decreto legge ha smantellato l’Agenzia di coesione, che si occupava di programmazione e coordinamento dei fondi nazionali e comunitari per il Sud. Tutto passa a Palazzo Chigi.

 

Tutto tranne personale e risorse, a quanto pare. Restano nel guado dell’incertezza i consulenti che lavorano per l’Agenzia, i quali non hanno conosciuto il loro destino fino al dicembre scorso, quando il loro contratto è stato rinnovato. Per altri due mesi.

 

Nel frattempo si accumulano i ritardi. Ancora oggi non si conoscono gli sviluppi attorno a quella quota di PNRR - almeno il 40% dei fondi - assegnata al Sud. Non si sa, insomma, se il governo stia rispettando l’impegno preso in sede europea circa la riduzione del divario tra Nord e Sud, una delle ragioni che permisero all’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di portare a casa quasi 200 miliardi di euro.

 

Ma non serve una relazione per capire che le cose non stanno andando come previsto per il Mezzogiorno. Con la proposta di recisione del Piano del PNRR è arrivato un taglio di quasi 16 miliardi di euro, metà dei quali destinati al Sud.

 

Il grande investimento per la riconversione green dell’ex ILVA ei Taranto, a cui il PNRR aveva destinato 1 miliardo, è stato cancellato. E anche i 900 milioni del Fondo di Transizione per la riconversione della città sono spariti dai radar. E non si parla nemmeno più del Contratto di Sviluppo per Salerno, dal valore di 250 milioni.

 

Per non parlare poi delle ZES, di cui ho già denunciato l’illogicità dell’intervento del governo. Le sei zone economiche speciali meridionali sono state sostituite dalla ZES unica, la cui gestione è stata centralizzata proprio a Palazzo Chigi.

 

In questo decadente e degradante contesto, si colloca lo scempio dell’autonomia differenziata, contro cui combatto da tempo. Urge sottolineare che con l’ultima manovra di bilancio è arrivato il taglio, quasi totale, del Fondo perequativo infrastrutturale: 4,4 miliardi di euro promessi al Meridione tre anni fa. Ecco, non ci saranno più. Spariti.

 

Quello stanziamento sarebbe dovuto servire per ridurre il gap infrastrutturale tra il Nord e il Sud in previsione dell’autonomia.

 

Resta il Ponte sullo Stretto, un progetto fumoso quanto le parole del ministro che lo ha riproposto e per la cui realizzazione sono stati sottratti ben 1,6 miliardi di euro dai fondi FSC destinati a Calabria e Sicilia per la realizzazione di strade e ferrovie.

 

Insomma, come si può evincere da questo anno e mezzo di governo, a Giorgia Meloni e al centrodestra del Sud non interessa, se non nella misura in cui sia possibile spolparlo ulteriormente - e non solo come bacino di voti -, privandolo delle risorse che servirebbero per rilanciarlo.

 

E in tutto questo i vari esecutivi regionali dello stesso colore di quello governativo non hanno mosso un dito per difendere i diritti dei cittadini meridionali. Anche questo, grave, atto di ignavia e di sottomissione è da tenere in profonda considerazione.


Gianni Leggieri

Consigliere regionale della Basilicata

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